Arianrhod è la materializzazione di un sogno, dove razionalità e funzionalità si fondono con la poesia, il sogno, la fiaba… Arianrhod non è una casa qualsiasi, è un affresco sulla mitologia, un acquerello a tinte forti e un nutrimento per l’anima; è una dimora unica al mondo progettata e realizzata come concretizzazione simbolica di saperi esoterici millenari.
Questa casa si potrebbe definire di stile neogotico-olistico o preraffaelita-fantasy …qui elementi di ispirazione nordica, celtica, araba, si fondono con elementi di cultura classica come fattori equilibranti. La costruzione, composta da quattro piani, ha un cuore ottagonale che si ripropone su ogni livello ed è attraversata da un foro centrale che permette alla luce di percorrerla interamente tramite una colonna di energia che raccorda tutte le dimensioni. Una testa di medusa o Gorgone creata in vetrofusione, incastonata nel pavimento all’interno del primo ottagono, è il punto di partenza del fascio di luce.
Arianrhod significa ruota d’argento ed è il nome celtico di un’antica divinità lunare iperborea, la Dea Bianca simile all’Arianna cretese, “la Signora del labirinto” posta da Dioniso nella costellazione Corona Boreale dopo averla resa divina. Ma Arianrhod per i celti era anche il magnifico castello a spirale posto in quella costellazione dove andavano a risiedere le anime dei re, degli iniziati e degli artisti che, tra morte e rinascita, ivi sostavano per prepararsi alla loro imminente missione sulla terra. Perciò, Arianrhod ruota d’argento, simboleggiava la ruota della trasformazione e della rinascita così come il numero otto che, se rovesciato, rappresenta il simbolo dell’infinito.
Arianrhod è il nome di una dimora surreale, come il DNA dell’uomo è la ricapitolazione del suo passato storico, mitico, artistico, ripreso e consegnato come patrimonio genetico alle generazioni che verranno.
Arianrhod è la casa degli Dei, esseri alieni, un luogo ideale perché, come loro, è riflesso e memoria di metafisici mondi lontani.
La villa che porta questo nome si trova sulla riva di un lago di origine glaciale di fronte ad un’isola sacra, l’isola di San Giulio. Essa è situata ai piedi di un’incombente vertiginosa perpendicolarità rocciosa, sulla quale anticamente sorgeva un tempio pagano dedicato alla Madre Terra, oggi chiesa della Madonna del Sasso, che pare tenere a bada la soverchiante forza patriarcale del Santuario del Sacro Monte prospicente il lato opposto di questo lago… il lago d’Orta che condensa l’incontro di energie cosmiche e telluriche.
La villa, di nuova costruzione, ultimata nel 2008, non è una semplice casa ma, come un antico tempio fatto di Anima, è una sede per l’Anima.
Dal cancello d’ingresso si scende attraverso il giardino fino alla sua porta di entrata. Varcata la soglia il visitatore è preso da una sorta di stralunato smarrimento, “alchimia” è la parola che lo accoglie e lo invita a considerare il sottile gioco che sta iniziando tra la propria essenza e quella di un Sé non ancora definito che gradualmente gli si impone, lo avvolge, lo stordisce seducendolo poco a poco come il canto delle sirene.
Il visitatore entra nello spazio mitico in modo graduale, sempre in bilico fra logica ed emozione, comprensione ed intuizione di un al di là inafferrabile ma pregnante; la visita si trasformerà in un’avvinghiata lotta con lo sfuggente, il complesso, l’ermetico che gradualmente emergerà dall’estetica armonia di forme e colori bilanciati.
Dapprima si viene avvolti dalla fluidità emozionale dell’elemento liquido, l’azzurro turchese del lago sembra entrare dalle grandi vetrate per invadere ovunque lo spazio; da un ottagono centrale l’immagine di Medusa emerge dall’acqua, è il guardiano di un mondo astrale, il volto che non è permesso guardare se non attraverso la riflessione nello specchio della coscienza, pena la reificazione.
Il visitatore viene così introdotto in una foresta di simboli, forme di simulacri che stormiscono e sussurrano molte storie che gradualmente lo introducono passo passo in un labirintico cammino iniziatico.
Arianna ha fatto smarrire a Teseo il filo della logica argomentazione e, persi i procedimenti argomentativi abituali, egli ora si trova immerso in un turbinio di echi, di voci e d’immagini.
Il soffio degli Dei alita ovunque nei quattro piani che compongono questa dimora e che esprimono le quattro dimensioni dell’uomo; ogni piano è dedicato ad un Dio. Le stanze dei quattro piani, si dispongono attorno a quattro ottagoni sovrapposti con un canale di luce che l’attraversa. Il numero otto è il numero dell’infinita essenza che ripete se stessa non come ritorno dell’uguale ma come autotrascendenza; è l’espressione del frattale ma anche del DNA ed è il numero dei lati dei battisteri simbolo di rinascita spirituale.
Afrodite appare al visitatore fin da questo primo piano dimensionale nella doppia veste manifesta, come iperurania, immagine di bellezza, di armonia conciliativa, e oscura, ctonia, espressione del patos che emerge dall’anima: è Psiche rapita da Eros, fonte poetica delle Pizie, radice stessa della poesia che nasce dalla possessione estatica.
L’ottagono del piano superiore, solo delimitato dalla balconata, è uno spazio vuoto, un’essenza solo potenziale, è il piano notte dove nel sonno l’anima abbandona il corpo per tornare nella fluidità astrale… è lo spazio zero, “chi guarda fuori sogna, chi guarda dentro si sveglia” (Carl Jung) …e vive.
Dall’alto, oltre il parapetto, si vede bellissima e insieme terrifica la figura di Medusa emergere centrale dal pavimento… La prima camera da letto si apre sulla balconata tramite una grossa vetrata delimitata esternamente da due colonne marmoree, sui capitelli ci sono sculture di colombe e croci della vita, oltre il virtuale spazio ottagonale l’azzurro turchese del lago.
Dietro il letto si muovono figure archetipiche, arcaiche divinità protagoniste di un ormai passato ciclo evolutivo.
Nella seconda camera, in alto sulle pareti, volteggia l’immagine fluttuante dell’anima, libera dal corpo durante il sonno.
Ora il visitatore, sempre più catturato da una farandola di richiami mitologici, in una sorta di ipnotica gnosi personale, inizia la discesa nei piani seguendo un percorso iniziatico dove la ragione man mano perde le sue congetture per lasciarsi andare al proprio labirinto. Una nuova scritta, scolpita nella pietra nera del pavimento, accoglie il visitatore all’ingresso del Tempietto del Sapere:
Creare è dare forma agli Dei
un altare per manifestarsi
un tempio per risiedervi
Chi crea è officiante
sacerdote
Dio
È una biblioteca ottagonale eretta su una croce celtica di pietra nera; nel centro, la colonna di luce filtra dalla Gorgone del rosone sovrastante sul rosone inferiore del pavimento raffigurante il sistema frattalico per attraversarlo e proiettarsi poi nel piano sottostante…
Durante il suo graduale discendere, il visitatore si sarà man mano accorto di essere catturato da un’energia femminile sempre più intensa, dove ogni significato logico è trasceso a favore di un inconscio sempre più pregnante… la discesa agli inferi è il ritorno all’utero matriale della Grande Madre Terra in un calarsi misterico ricco di spunti meditativi fino in fondo… all’ultimo piano.
L’ultimo piano sovverte l’ordine cosmico presentando un tappeto di stelle, una miriade di punti di luce sui quali il visitatore, ormai completamente rapito da un se stesso sconosciuto, potrà camminare, mentre, fra le varie immagini specchiate, appare l’immagine di Arianna guida e ispiratrice del cammino che danza, sulle stelle della costellazione della Corona Boreale, la danza del labirinto, mentre una quantità di piccole maschere occhieggiano nascoste ricordando al visitatore di essere giunto nel regno di Dioniso, il Dio del teatro.
E, proprio il teatro, sarà l’epilogo di questo strano viaggio alla ricerca di un sé autentico e profondo dal volto di un Dio nascosto… il dio del Caos che è fonte di vita, della metamorfosi continua, espressa nella successione delle maschere che sono le progressive rappresentazioni di noi sul palcoscenico della nostra esistenza… Dioniso, il dio della Zoé, la vita che da sempre si ripropone in tutti gli esseri, il dio del numero otto.
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